lunedì 31 marzo 2014

Fermata: L.go Gemito | Sempre una sarta perfetta

La sua mamma, e la sua nonna prima di lei, non lavoravano.
Loro erano addette alla famiglia e alla casa.
Le donne, nella loro cultura, non dovevano lavorare. Il lavoro fuori casa era cosa da uomini.
E lei è cresciuta così.
Ma poi le cose sono cambiate, perché con la guerra del 1999, la sua famiglia si è trovata a scappare dal Kosovo ed è arrivata in Italia, clandestina.
Oggi Jiliana la pensa diversamente. Ha 23 anni e finite le scuole, quattro anni fa, si è trovata a fare un corso di cucito e oggi lavora come sarta.
Lavora, anche se è una donna rom.


«Quando siamo arrivati in Italia quattordici anni fa anche la mia mamma ha iniziato a lavorare, e così, vedendo lei, ho imparato un altro modo di vivere. Abbiamo iniziato anche noi a fare come le italiane che lavorano. E a me piace molto, mi piace essere un esempio per le altre donne rom, perché vedendomi possano capire che anche noi possiamo lavorare, che è normale così».

In un recente workshop organizzato da PAIRS-SEE Network, Maurizio Ambrosini, sociologo delle migrazioni all'Università degli Studi di Milano, commentando i dati - critici - relativi alla condizione delle donne rom in Italia (tendenzialmente più discriminate, meno istruite, meno indipendenti e meno inserite nel mondo del lavoro rispetto agli uomini) ha sottolineato però le potenzialità di queste donne. Potenzialità che con alcuni progetti specifici che stanno prendendo piede, in Italia e in Europa, vengono portate alla luce del sole. Secondo Ambrosini, può darsi che nella mente di molti uomini rom ci sia un modello idealizzato del passato e della figura della donna, ma poi la necessità, la contaminazione e l'esempio spingono a cambiare.
Come insegna anche la storia di Jiliana.

Quando è arrivata in Italia ha continuato a frequentare le scuole e poi, terminati quelli, pensava che avrebbe voluto fare la parrucchiera. Ma le cose hanno preso un'altra strada.
«Ho iniziato per caso: una signora della Caritas è arrivata al campo dove stavo, mi ha visto che preparavo il caffè per alcune persone e ha detto “Ma questa ragazza non può stare qui, deve lavorare”, e mi ha proposto il corso di cucito che stavano organizzando».

Sono partite in dodici al corso, oggi sono in sei a lavorare a Taivè, laboratorio di sartoria e stireria promosso dalla Cooperativa IES insieme alla Caritas Ambrosiana.

«All'inizio odiavo questo lavoro: continuavo a pungermi le dita, facevo gli orli tutti a zig zag. Poi ho imparato e ora mi diverto molto. Mi piace soprattutto cucire gonne e pantaloni. E poi mi piace avere uno stipendio, ci ha permesso anche di lasciare il campo e di trovare un appartamento. Ci viviamo in dieci: io, mio marito e i nostri due bambini, i miei cognati con i loro due bambini e i miei suoceri. Spero di poter essere sempre una sarta perfetta».


Via Eugenio Carpi ang. via Wildt
Milano
MM 2 Lambrate - Bus 75, 81

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