martedì 10 giugno 2014

Fermata: Curiel - Lambro | Se le slot sono un gioco

Marco, Matteo e Luca hanno 15 anni e trascorrono spesso il loro tempo, specie in un sabato pomeriggio piovoso come questo, al centro commerciale.
In mano, come sempre, il cellulare. Social network aperti, mille app scaricate. Adolescenti come migliaia di altri.
Ci giocano, con le app. Anche con quelle, sempre più diffuse e numerose (ormai sono migliaia), che simulano le slot machine e il tavolo da poker.
Nessuno di loro gioca d'azzardo, per carità. Però con le app, capita, sì.

«Sì qualche volta, magari, ho provato anche a giocare - ammette Marco, cercando di tenersene fuori - ma non giochi dove spendo. Però sono a conoscenza di molte applicazioni, soprattutto per giocare al poker Texas Hold'em. E conosco molta gente che fa uso di questi giochi».
Lo sanno che in teoria sono vietati ai minorenni, ma sanno anche molto bene che tra la teoria e la pratica c'è un abisso. E che è semplice evitare dei legacci quasi inesistenti.
«Per giocare bisogna inserire l'età. E basta – spiega Matteo – e quindi semplicemente si inventa. Io sono nato nel 1998 e dovrei mettere 1995, 1996. E ti scalano i soldi dal cellulare o dal tuo conto corrente».

Gli operatori rilevano in crescita esponenziale l'uso delle app sul cellulare. «Si tratta in gran parte di applicazioni che imitano le slot machine, sono gratuite, non si giocano soldi e si vince molto: praticamente il contrario di quanto succede con le slot in cui invece si giocano soldi – spiega Daniele Albanese, della Caritas di Biella e tra gli organizzatori del movimento No Slot. - Hanno lo scopo di illudere i giocatori che vincere sia tutto sommato facile, e iniziano alla dipendenza. Ci preoccupa molto l'abitudine che possono dare ai ragazzi al gioco delle slot».

In Italia il gioco d’azzardo è per legge vietato ai minorenni, ma che il fenomeno dei ragazzini che giocano esista anche se non dovrebbe, è evidente.
Di quanti ragazzi stiamo parlando, è più difficile dirlo con precisione.
A seconda degli studi e delle ricerche, si parla di numeri tra uno e due milioni di ragazzi in età da scuole superiori che hanno giocato almeno una volta soldi (dalle slot machine ai gratta&vinci, dal poker on line alle scommesse sportive).
Anche i bambini tra i 7 e gli 11 anni giocano a soldi: un bambino su quattro, in Italia, ha giocato almeno una volta nell'ultimo anno, secondo il Telefono Azzurro.

E poi c'è tutto il mondo reale delle sale gioco, dei bar, delle tabaccherie e ricevitorie. Dove, se va bene, i ragazzini non giocano, ma spesso i bambini imparano che è una cosa normale, stando accanto al genitore che passa il suo tempo alla slot, o grattando insieme alla nonna un gratta&vinci nella speranza di essere fortunati.

«Tabaccai che non si fanno nessuno scrupolo a vendere gratta&vinci ai minori, ragazzini palesemente minorenni che giocano alle slot machine all’interno degli esercizi pubblici, e nessuno sembra accorgersi o almeno trovare strano quanto sta succedendo», dice Daniela Capitanucci, fondatrice dell’associazione And (Azzardo e nuove dipendenze).

«Per non parlare di quanti bambini vediamo che passano il loro tempo al bar accanto ai propri genitori che giocano alle slot, in silenzio e nell’indifferenza generale. È purtroppo comune vedere mamme, nonni, che giocano alle macchinette con bimbi anche piccoli in braccio o accanto, nel passeggino. E mai nessuno che dica niente, che intervenga», le fa eco Simone Feder, della Casa del giovane di Pavia, che è anche tra le voci più importanti del Movimento #NoSlot.

Non è difficile arrivare ai casi come quello di Giorgio. I suoi genitori non si erano accorti che il figlio avesse una dipendenza vera e propria fino al giorno in cui, per caso, la madre ha aperto il cassetto degli ori e si è accorta che era sparito tutto: Giorgio aveva rubato e venduto tutto quello che aveva trovato perché aveva bisogno di soldi.
Gli servivano per giocare al poker online.

Se questo è un gioco.



Queste storie sono state raccolte per un'inchiesta realizzata a quattro mani con Stefania Culurgioni per Scarp de' tenis.
Ne abbiamo tratto anche l'audiodocumentario “
Giochi pericolosi che è stato selezionato tra i finalisti del Premio Anello Debole, bandito dalla Comunità di Capodarco per i migliori video e audio cortometraggi, giornalistici o di fiction, riguardanti temi legati alla fragilità, l'emarginazione, il disagio sociale e la sostenibilità ambientale.

Ascoltalo qui:


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